Il Reame ai Confini del Mondo

KABADALUK*, BALCANI (Il Predestinato)

« Older   Newer »
  Share  
mab66
view post Posted on 13/1/2011, 14:13




"Il Destino ha assegnato la bella figlia dello Zar in moglie a un povero Moro che , nonostante le avversità , riesce a scampare la morte, diventare ricco e di pelle bianca, non smentendo così la sorte fortunata."





C'era a Stambol la figlia di uno Zar, di una tale bellezza che un'altra uguale non la potevi trovare nemmeno andando molto lontano. Quando la fanciulla raggiunse l'età da marito, il padre si mise a cercare da tutte le parti un ragazzo che fosse pari a tanta bellezza.
Gli uomini dello Zar viaggiarono attraverso tutto l'impero, ma invano, perché un ragazzo così non riuscirono a trovarlo. Lo Zar, infine, mandò i servi in direzione del mare per vedere se su qualche bastimento ci fosse un viaggiatore con i requisiti richiesti, ma nemmeno lì trovarono un ragazzo di bellezza adeguata alla giovane Sultana.
Un giorno, perlustrando la spiaggia, trovarono un derviscio [1] seduto in riva al mare: estraeva dalle tasche delle specie di cartellette, vi scriveva qualcosa e poi le buttava in mare. I servi, stupiti per quel che videro, si avvicinarono e gli domandarono:
" Che cosa stai facendo, derviscio?"
Lui rispose:
" Vedete, sto unendo in matrimonio ragazzi e ragazze " e continuò a scrivere sulle cartellette e a gettarle in mare.
Ai servitori dello Zar questo sembrò davvero strano e appena tornati al palazzo raccontarono allo Zar quello che avevano visto. Lo Zar, appresa la notizia, li rimandò in quattro e quattr'otto dal derviscio affinché potessero chiedergli con chi aveva fidanzato sua figlia. I servi corsero al mare e trovarono il derviscio dove l'avevano lasciato, sempre intento a scrivere sulle cartellette e a gettarle poi nel mare. I servi gli domandarono del fidanzato della figlia dello Zar e lui rispose:
" È già da tanto che l'ho unita in matrimonio " e riprese a scrivere sulle cartellette e a buttarle in mare.
I servi tornarono dallo Zar e gli riferirono ogni cosa, ma lui li rimandò subito alla spiaggia ordinando di chiedere allo seih [2] con chi avesse fatto sposare sua figlia. I servi ubbidirono e, arrivati alla riva, trovarono l'uomo nello stesso posto, che continuava a lavorare con le cartellette buttandole poi in mare. Gli domandarono quello che lo Zar voleva sapere e lo seih rispose solamente:
" Con Kabadaluk di Città dello Zar".
Tornati al palazzo, i servi ripeterono allo Zar le parole dello seih, ma lo Zar li rimproverò perché non si erano informati fino in fondo su quel nome: magari non era neanche l'unico che aveva! Li rispedì lesto al mare per sapere bene dallo seih notizie di quel Kabadaluk.
Quando i ragazzi tornarono, per l'ennesima volta, alla spiaggia, non trovarono né lo seih né una sua traccia; era sparito come se fosse stato inghiottito dall'acqua. A quel punto, ai servi non restava altro che tornare al palazzo e riferire tutto allo Zar.

Nessuno si sentiva più miserabile, più disperato di quello Zar! Chiedeva a tutti di Kabadaluk, ma nessuno sapeva dargli notizie. Infine, convocò in consiglio tutti i suoi primi ministri sperando che qualcuno sapesse dargli almeno qualche piccola informazione su Kabadaluk, ma tutto fu vano. Durante il consiglio, il gran Visir disse:
" Senti che faremo, o Zar illuminato! Fa' costruire un cancello fuori città e ordina a ogni maschio di varcarlo; io , muhur-sahib e teftedar-efendi [3] ci metteremo al cancello e a ciascuno che passa chiederemo il nome. Se non troverai così Kabadaluk, non lo troverai in nessun altro modo!"
Lo Zar acconsentì e ordinò che si costruisse un cancello fuori città e che tutti i maschi lo varcassero dicendo il loro nome. Quando fu pronto, ancor prima che la folla cominciasse ad affluire, arrivò lo Zar con tutti i suoi cortigiani. Il guardasigilli e il capocontabile si misero accanto al cancello, lo Zar e il gran Visir si tennero a distanza per controllare
meglio tutti quanti.
I maschi della Città dello Zar iniziarono così a passare attraverso il cancello. Passarono, certo, ma non uno fra loro si chiamava Kabadaluk; non c'era: punto e basta. Quando tutti erano ormai passati e la gente si era già allontanata, il gran Visir disse allo Zar:
" Dài , ordina che si controlli se in città è rimasto ancòra qualcuno."
Quando il guardasigilli oltrepassò la porta della città, si accorse della presenza di un moretto: era a capo scoperto, con i piedi scalzi, vestito di cenci, miserabile e magro, insomma, non un bello spettacolo. Gli domandarono il nome, e immaginatevi la sorpresa quando questi rispose che si chiamava "Kabadaluk" . Avvertirono subito lo Zar che, appena lo vide, rimase sbalordito, ma poi con furia ordinò al guardasigilli:
" Portalo nel bosco e tagliagli la testa! - quindi , rivolgendosi al gran Visir , disse - Proprio quello deve diventare mio genero? Voglio vedere come la metterà il derviscio se Kabadaluk non sarà più tra i vivi!"
Il guardasigilli si diresse con il moro sulla montagna.
Camminando lo guardava, così miserabile e triste, e tra sè pensò: ' Non mi sporcherò le mani, perché a questo qui non rimane molto da vivere. Non gli taglierò la testa, sarebbe un peccato , ma lo manderò al lago, invece, dove c'è un drago. Gli ordinerò di prendermi una manciata di sabbia e sicuramente da lì non tornerà vivo: tra quelli che ci
sono stati mai nessuno è ritornato'.
E così fece. Tirò fuori una scatola sulla quale era impresso il suo nome, e vi aggiunse il sigillo dello Zar. Porgendola all'arabo, disse:
" Nel bosco c'è un lago. Va' là, prendi dal lago una manciata di sabbia e portamela. Questa scatola sarà il tuo segno di riconoscimento; quando me la mostrerai saprò con certezza che sei davvero tu".
Così il guardasigilli si congedò dal moro e tornò al palazzo, dove riferì allo Zar di aver eseguito il suo ordine.
Il moro, nel frattempo, si mise in cammino attraverso il bosco: camminando, camminando, a malapena riuscì a raggiungere il lago. Il drago dormiva come un sasso e non lo sentì arrivare. Il ragazzo si chinò per prendere una manciata di sabbia e lì accadde un miracolo: la parte della mano che aveva immerso nell'acqua era diventata bianca. Ne fu felice e decise di bagnarsi tutto. Si svestì in fretta, si immerse completamente e per incanto diventò bianco, di un bianco abbagliante che due occhi facevano fatica a guardarlo. Si rivestì, riempì la scatola di quella sabbia e se ne andò via da lì, mentre il drago continuava a dormire e non si era accorto di nulla.
Kabadaluk ritornò per cercare l'uomo che gli aveva dato la scatola. Cammina cammina, alla fine si smarrì imboccando un'altra strada. Soltanto il terzo giorno arrivò nei pressi di un posto abitato. Kabadaluk si rallegrò pensando che quella fosse la Città dello Zar, ma restò stupito quando si accorse che tutto gli era sconosciuto. Si spostava di qua e di là, ma non conosceva nessuno e per la fame cominciava a far fatica a muoversi. Alla fine, escogitò di vendere un sassolino, pensando che qualcuno in cambio gli avrebbe dato un grosso [4] oppure qualcosa per comprarsi del pane.
Andò dunque da un mercante al quale offrì un sassolino. Il mercante diede uno sguardo alla pietra, osservò il nobile viso del giovane, poi i cenci che aveva addosso e pensò tra sè: ' Questo è senz'altro un bey [5] e Dio solo sa perché si è ridotto in questo stato'. Allora gli domandò quanto voleva per la pietra.
" Quel che mi dai - rispose Kabadaluk - e tu sai il valore giusto."
" Eccoti trecento grossi " offrì il mercante.
Kabadaluk, pensando che l'altro lo stesse prendendo in giro, disse stupito:
" Macché trecento grossi , stai scherzando."
"Va be', te ne do quattrocento " rilanciò il mercante e Kabadaluk, stupito ancor di più, rispose: " Ma che stai dicendo, perdio. Dimmi davvero quanto mi dai, e che sia finita."
" Eccoti cinquecento grossi " disse il mercante e Kabadaluk, che ormai aveva capito che la pietra doveva valere qualcosa, accettò la cifra.
Il mercante contò i soldi e Kabadaluk andò a cercarsi qualcosa da mangiare. Dopo aver mangiato, andò a comprarsi un vestito nuovo e a mettersi un po' in ordine, così tutti pensarono che fosse dio-sa-quale bey giunto lì da lontano. Perdio, a lui piacque quel posto e soprattutto i sassolini che continuava a vendere, grazie ai quali piano piano migliorò moltissimo il suo aspetto e si fece costruire palazzi pari a quelli dello zar; lui stesso per bellezza e ricchezza non era da meno dello zar.
Da una bocca all'altra, la notizia di quest'uomo bello e ricco giunse sino allo zar che ne fu felice e inviò subito il guardasigilli perché lo incontrasse e gli offrisse la mano di sua figlia.
Il guardasigilli raggiunse la città dove viveva l'uomo e quando lo incontrò, fu sbalordito da una bellezza superiore a quella di qualunque fanciulla; ma per nessuna ragione al mondo avrebbe immaginato di trovarsi difronte all'arabo cencioso al quale nessuno aveva domandato il nome.
Kabadaluk lo accolse con tutti gli onori e il guardasigilli gli offrì la figlia dello zar. Kabadaluk accettò subito l'offerta ( del resto, come rifiutare! una giovane sultana non è mica uno scherzo!), e presentò le sue prove d'amore: l'anello e il resto dei regali. Il guardasigilli li prese e, dopo aver goduto dell'ospitalità, ripartì per Stambol.
Arrivato dallo zar gli raccontò ogni cosa, per filo e per segno.
" Se tu avessi girato tutto il mondo - disse - non avresti potuto trovare un genero più adatto; è proprio all'altezza tua e di tua figlia."
A questo punto, lo zar, soddisfatto della notizia, era impaziente di celebrare il matrimonio.
I giorni passarono e arrivò il momento delle nozze: tutti rimasero talmente meravigliati che lo ricordarono per molto tempo.
I festeggiamenti durarono a lungo; prima di congedarsi dallo zar gli invitati si congratularono con lui per aver trovato un genero così bello. Lo stesso zar era molto contento di questo matrimonio, e felice perché lo seih si era sbagliato.
Ciò nonostante qualcosa gli rimestava dentro, tanto che una volta disse al suo guardasigilli:
" Ho dato mia figlia in sposa, esattamente come volevo, ma, stranamente, né tu né io abbiamo mai chiesto a mio genero il suo nome. Va' da lui: vedi che sta facendo e domandaglielo."
Il guardasigilli ubbidì; si preparò subito e andò dal genero dello zar che lo accolse con tutti gli onori. Durante la conversazione, il guardasigilli trovò il modo di chiedergli qual era il suo nome.
" Kabadaluk " rispose il genero dello zar.
Il guardasigilli sgranò gli occhi per la sorpresa e rifece la domanda.
" Kabadaluk " ripeté il genero dello zar.
Il guardasigilli si ricordò del derviscio e del moretto. Che pena! L'uomo che aveva difronte però non era un moro. Gli domandarono allora:
" E dove sei nato visto che ti chiami Kabadaluk "
" Sono nato nella Città dello Zar " rispose Kabadaluk.
Al guardasigilli questa risposta apparve ancor più sconcertante, tuttavia, cominciò a pensare che l'uomo che aveva difronte non poteva essere lo stesso Kabadaluk; doveva essercene un altro.
Del resto, nemmeno il genero dello zar riconosceva più il guardasigilli: tutto era successo molto tempo prima e poi lo aveva visto una volta sola in vita sua. Il guardasigilli gli chiese se possedeva qualcosa datagli da un uomo dello zar come segno di riconoscimento. Kabadaluk tirò fuori la scatola che l'altro riconobbe immediatamente.
" Come hai ricevuto questa scatola ?" gli domandò.
Kabadaluk gli raccontò tutto da principio: come era arrivato al lago, come era diventato bianco e come si era arricchito in quella città. Il guardasigilli allora gli spiegò della figlia dello zar e dello seih. Gli disse che aveva avuto l'ordine di ucciderlo, ma che poi non se l'era sentita, perciò gli aveva dato la scatola e lo aveva mandato al lago dal quale era convinto non sarebbe più tornato. Ma ciò che era destino doveva accadere.
Il guardasigilli tornò dallo zar e lo mise al corrente di ogni cosa. Lo zar, meravigliato , esclamò:
" Lo seih aveva detto giusto: mia figlia era destinata a Kabadaluk e al destino non si sfugge".




"Kabadaluk " richiama etimologicamente l'aggettivo turco "kaba" ( arido , duro , nero ), ma anche "Kabili" ( Berberi , abitanti del Maghreb )


[1] "Seih" o "Seik" . Dall'Arabo: "Capo dei Dervisci". ( In Italiano corrisponde a "Sceicco" ).

[2] Dall'Arabo: "Monaco Mussulmano"

[3] Il "Guardasigilli" e il "Capo Contabile"

[4] Dal tedesco "Grosch": moneta tedesca e austriaca di basso valore.

[5] "Signore"



Da: "Fiabe dei Balcani", traduzione di Aleksandra Sucùr



Edited by mab66 - 15/6/2016, 14:08
 
Top
0 replies since 13/1/2011, 14:13   284 views
  Share